L’interesse ad agire in giudizio costituisce un presupposto imprescindibile senza il quale l’azione è inammissibile. L’indirizzo della Cassazione, in tal senso, è rigoroso richiedendo, al fine di un corretto utilizzo dello strumento processuale, la presenza di un interesse concreto, che vada oltre la semplice violazione della norma. In particolare, in tema di impugnazione di delibere assembleari, la S.C. si è orientata nel senso che, in caso di violazione di vizi formali (incompletezza dell’ordine del giorno, violazione di norme sul procedimento di convocazione o insufficienza delle maggioranze) la legittimazione ad agire non sia subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse ad agire, atteso che il suddetto interesse è costituito proprio dall’accertamento dei vizi formali (Cass. n. 2999/10, Cass.4270/11), mentre nelle ipotesi di violazioni sostanziali, è necessario che la parte che intende impugnare sia portatrice di un interesse concreto diretto ad un vantaggio effettivo e non solo astratto (Cass.15377/00).
La sentenza Cass. n. 11214 del 10/05/2013 torna ad affrontare la questione stabilendo che l’interesse all’impugnazione di una delibera assembleare per vizi formali non è condizionato dall’ulteriore riscontro di una concreta incidenza sulla singola posizione del condomino ma che, in astratto, la delibera deve essere idonea a determinare un mutamento nella posizione dei condomini (astratta idoneità lesiva). La sustesa premessa al fine di affrontare il problema della nuova formulazione dell’art. 1135 c.c. in materia di fondo per lavori straordinari.
L’art. 1135 c.c., così come modificato dalla legge n. 220/12 (riforma del condominio) prescrive che, in caso di lavori straordinari, l’assemblea sia tenuta a costituire un fondo pari al costo necessario per i lavori stessi.
Detta norma è stata oggetto di critiche, in buona parte fondate atteso che, in caso di opere di una certa rilevanza (manutenzione di parti strutturali quali tetti e prospetti), diventerebbe oltremodo difficoltoso, se non impossibile, reperire la somma in tempi idonei da consentire, senza danni ulteriori, l’intervento e, soprattutto, di consentire all’impresa appaltatrice di pianificare, a lungo termine, gli incarichi assunti. Sicuramente l’assemblea potrebbe, in caso di difficoltà, derogare alla norma ma, a questo punto, si rischierebbe l’impugnazione strumentale della delibera per violazione di legge, magari da parte di quei condomini che fossero contrari ai lavori. La violazione dell’art. 1135 c.c., nella parte in cui dispone la previsione del fondo costituisce un vizio sostanziale, non formale, per cui colui che intende impugnare deve allegare e dimostrare un suo interesse concreto non essendo sufficiente la contestazione della violazione della norma. Sulla base della giurisprudenza richiamata, pertanto, l’assemblea, motivando espressamente la difficoltà o l’impossibilità a reperire, in tempo utile, i fondi e prospettando i pericoli insiti nel ritardo (motivando, in altri termini, la decisione con l’urgenza), potrà disporre delle soluzioni alternative. Un esempio potrebbe essere quello di costituire un fondo limitato ad una percentuale del costo dei lavori (dieci, venti per cento) con l’espressa previsione che il suddetto fondo possa venire impiegato solo in caso di morosità o di saldo fine lavori; è chiaro in questo caso che, nonostante la violazione di legge, non sussisterebbe un concreto interesse per il condomino ad impugnare la delibera atteso che il pericolo di un’interruzione dei lavori per mancato pagamento sarebbe remota; la finalità della legge, infatti, è quella di garantire l’esatto adempimento a favore dell’appaltatore e, nel contempo, di evitare sospensioni dei lavori, non certo quella di rendere impossibili gli interventi.